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Studio Legale Sassano > BLOG > Amministrazione di sostegno > Amministrazione di sostegno alcune problematiche applicative. Le strutture residenziali.
Amministrazione di sostegnoBlog

Amministrazione di sostegno alcune problematiche applicative. Le strutture residenziali.

Francesca Sassano
Ultimo aggiornamento 23 Settembre 2024 7 Min Lettura
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Progetti di Domiciliarità e Amministrazione di Sostegno

È di evidente comprensione come ogni amministrazione di sostegno, in aderenza a quelle che sono le politiche regionali, tenda a mantenere il familiare anziano o disabile nella propria abitazione, favorendo e valorizzando i progetti di domiciliarità. Ove vi sia necessità, magari per contrasto con i familiari diretti sul luogo, il giudice può avvalersi anche di una consulenza tecnica.

Contents
Progetti di Domiciliarità e Amministrazione di SostegnoCosa si Intende per Assistenza SocialeLe Prime Soluzioni per i Disabili Adulti: Gli IstitutiIl Ricovero in Istituto: Conseguenze e CriticitàL’Esperienza del Ricovero in Istituto per i DisabiliLa Creazione degli Istituti: Strutture Silenziose e IsolateDeportazione Assistenziale e Isolamento AffettivoLa Vita Interna all’Istituto: Categorizzazione e Regolamenti Rigidamente ImpostiL’Esclusione dei Portatori di Handicap: Spazi Separati e Conseguenze Psicologiche

L’amministratore di sostegno dovrà considerare tutte le circostanze del caso concreto e valorizzare al massimo possibile le aspirazioni del beneficiario, prima di decidere dove allocare l’interessato.

Cosa si Intende per Assistenza Sociale

Con il termine “assistenza sociale” ci si riferisce, quindi, all’insieme delle attività e dei servizi volti a prevenire o ridurre situazioni di bisogno connesse all’età, a stati di svantaggio fisico e psichico o ad altre condizioni di emarginazione. L’assistenza sociale in favore dei disabili comprende, quindi, interventi integrativi e sostitutivi al nucleo familiare (assistenza domiciliare, affido, strutture residenziali), interventi per facilitare la vita di relazione (servizi di accompagnamento in sedi informative, trasporto scolastico, frequenza di centri sociali ed educativi, ecc.), e interventi per particolari situazioni di disagio economico e sociale (contributi economici vari, assegnazione alloggi, ecc.).

Le Prime Soluzioni per i Disabili Adulti: Gli Istituti

Le prime soluzioni proposte per la vita adulta dei disabili venivano individuate nel ricovero in istituto. Così come per i bambini con handicap erano state istituite le scuole speciali, allo stesso modo si riteneva che la soluzione per gli adulti portatori di handicap fosse un istituto che provvedesse ad assisterli e a rispondere alle loro esigenze di cura e di sopravvivenza.

È negli anni ’60 che si osserva un incremento delle domande di ricovero per persone deboli. Agli istituti si rivolgono le famiglie che non riescono da sole ad occuparsi del proprio figlio disabile; non esistevano, infatti, in quegli anni interventi di sostegno alla famiglia, come una corretta informazione sull’handicap, un’assistenza psicologica e un aiuto concreto tramite l’assistenza domiciliare.

Il Ricovero in Istituto: Conseguenze e Criticità

L’istituto rappresentava, inoltre, la meta obbligata per i portatori di handicap che rimanevano senza famiglia. Il ricovero in istituto era, quindi, la conseguenza della mancanza e dell’insufficienza degli interventi sociosanitari di prevenzione del bisogno assistenziale; prevenzione che si attuava assicurando a tutti i cittadini, compresi quelli più deboli, le condizioni necessarie per un’esistenza fondata sulla massima autonomia possibile dei singoli e dei nuclei familiari.

Per decenni, lo Stato ha preferito riempire ed incrementare gli istituti, seguendo una politica di assistenza riduttiva, piuttosto che cambiare politica ed avviare un discorso di prevenzione, di creazione di servizi per i portatori di handicap e di integrazione. In strutture così grandi e con così tanti ospiti, ogni decisione veniva presa per far funzionare al meglio la struttura, spendendo il meno possibile. Tutto era in funzione della struttura, del suo buon andamento e della sua conservazione, sia per motivi economici sia, talvolta, per motivi politici.

L’Esperienza del Ricovero in Istituto per i Disabili

Se, quindi, l’istituto poteva essere un buon rimedio per le famiglie in difficoltà, altrettanto non risultava per i portatori di handicap che dovevano viverci. Il “ricoverato” in istituto si trovava in un clima che non era familiare, a causa delle notevoli dimensioni; il vuoto creato dalla mancanza della famiglia veniva amplificato dall’anonima vita che si conduceva giornalmente: le esigenze del singolo non potevano essere rispettate e i momenti della giornata erano uguali per tutti gli ospiti.

La Creazione degli Istituti: Strutture Silenziose e Isolate

Molti istituti venivano creati in conventi e in antiche ville offerte in beneficenza, diventando, quindi, strutture silenziose e isolate. Spesso, anche per edifici nuovi costruiti con l’intento di diventare istituti, si continuava nella stessa logica. L’ubicazione diventava un elemento emarginante per i soggetti che vi abitavano, poiché gli istituti erano lontani dal luogo di origine degli ospiti e dal loro contesto socioculturale.

Deportazione Assistenziale e Isolamento Affettivo

Si assiste a quella che viene definita “deportazione assistenziale”: molti istituti ospitano assistiti residenti in province e, addirittura, in regioni diverse da quelle in cui si trovano le strutture di ricovero. Questo rende più difficile il rapporto e il controllo dei familiari e dei conoscenti, garantendo all’istituto maggiore libertà di azione. Gli effetti di questo sradicamento sul portatore di handicap sono sicuramente negativi e si sommano, così, ai problemi dell’handicap quelli di un terribile isolamento affettivo, che porta nel tempo il soggetto a una chiusura nei confronti degli altri.

La Vita Interna all’Istituto: Categorizzazione e Regolamenti Rigidamente Imposti

Analizzando la vita interna all’istituto, emergono altri elementi emarginanti, oltre alla scelta dell’ubicazione. Innanzitutto, la categorizzazione delle persone: i portatori di handicap non sono considerati come persone qualsiasi con particolari problemi, ma vengono percepiti come appartenenti a una classe di “handicappati” (sordomuti, poliomielitici, ciechi, ecc.).

Vi sono poi aspetti della vita quotidiana che sono ben diversi da quelli della vita delle persone che vivono in famiglia: una grossa struttura può funzionare solo se supportata da un insieme di norme e regolamenti. Sono stabiliti gli orari in cui mangiare, dormire, divertirsi, ecc., e questi orari diventano immutabili per mantenere un certo ordine nella struttura. Tale rigidità rischia, però, di calpestare i bisogni di ogni singolo ospite. I bisogni degli ospiti vengono calpestati anche quando si stabiliscono gli orari della giornata, tenendo conto in primo luogo delle esigenze del personale dell’istituto.

L’Esclusione dei Portatori di Handicap: Spazi Separati e Conseguenze Psicologiche

La creazione di spazi propri e protetti per specifici gruppi (portatori di handicap, anziani, devianti), se da un lato aiuta a risolvere problemi urgenti ed emergenti, dall’altro determina dinamiche di esclusione quasi sempre irreversibili, proprio perché viene definito uno spazio fisico e psicologico separato, lontano dalla responsabilità e dal coinvolgimento dei cittadini.

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