La ricerca dell’eccellenza: una questione di metodo
Il rapporto tra la scienza delle tecniche psicologiche e le attività del calcio non è certamente recentissimo. Tuttavia in una sua prima fase, lo studio della materia aveva come oggetto la personalità del calciatore, riguardo al suo comportamento e alla eccellenza che riusciva a dimostrare nello sport. In buona sostanza, l’interesse era solo dello studioso del comportamento umano, che voleva individuare – se possibile – criteri e strumenti per un identikit del “ calciatore”, anche sotto l’aspetto dell’insieme delle varie funzioni psichiche che interagivano tra loro per raggiungere il successo agonistico poiché l’attività corporea rappresenta un elemento essenziale di valorizzazione della personalità.
Questa prospettiva, negli ultimi anni, ha evidenziato come non si può dare un’importanza maggiore al perfezionamento degli aspetti tecnico-didattici senza attenzionare il sistema di vita e la personalità dell’atleta.
Oggi si è compiuto su questo iniziale percorso un ulteriore avanzamento: per ottimizzare le prestazioni di un calciatore è necessaria la stesura di un programma psicologico personalizzato.
Personalmente credo che esso debba tenere conto – in senso pratico e come metodo – delle esigenze agonistiche individuali-collettive della squadra, ripianificabile in funzione dell’andamento delle competizioni.
Lo spirito di squadra è il senso della missione e deve sostenere ogni componente. Una squadra che è libera dai conflitti trae il meglio da ciascun calciatore e determina tutti a dare di più per il gruppo e per la missione. Il primo obiettivo di una squadra è quello di non danneggiare la propria prestazione, per realizzarlo è necessario avere una consapevolezza positiva della propria prestazione e trasmetterla in maniera circolare all’interno di essa, ai compagni di squadra.
Il metodo di lavoro è estremamente semplice come ritengo debba esserlo in questo circuito, atteso che il calciatore deve raggiungere la sua consapevolezza ma limitatamente al suo obiettivo di gioco, soprattutto non deve perdere la dimensione della squadra e deve poter coltivare la sua personale abilità di concentrazione e di pensiero.
Un’indicazione troppo aggressiva su quelle che sono le strade “introspettive”, personalmente non credo possa avere un’influenza positiva sul risultato. Ne è prova evidente situazioni di empasse di squadre che pur essendo funzionali e funzionanti in campionato, non riescono a concedersi risultati extranazionali. La somministrazione di periodiche schede di rilevazione, consente al singolo-calciatore di scaricare la propria tensione nella compilazione della stessa, offre un supporto individuale non patologico attraverso il colloquio ed esterna delle tempistiche, anche attraverso l’autovalutazione delle abilità con cadenza trimestrale. Certamente la presenza di un esperto, come figura non occasionale ma di accompagnamento per l’intero campionato, a differenza dell’allenatore e soprattutto in autonoma competenza, pone il singolo calciatore in una condizione di assoluta serenità nel riferire il suo stato. L’esperto potrà, quindi, costruendo schede singole e valutando i dati raccolti offrire un contributo di utilità al risultato della squadra, smussando i conflitti, valorizzando le diversità caratteriali e superando sin dall’inizio le diversità etniche.
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