IL CASO
La Corte d’appello di Milano, con decreto del 19/01/2017, pronunciato in un giudizio promosso, L. n. 898 del 1970, ex art. 9 (legge divorzio), da S.A., al fine di ottenere la revisione delle condizioni di divorzio, fissate in sentenza del 1986, già modificate con un decreto del 2002, contemplanti l’obbligo per lo stesso di corresponsione all’ex coniuge H.K. (soggetta ad amministrazione di sostegno) di un assegno mensile di Euro 769,97, a fronte del peggioramento della propria condizione economica (a seguito di pensionamento) e del miglioramento di quella della beneficiaria dell’assegno, ha respinto il reclamo del S., confermando il decreto del Tribunale, che aveva respinto il ricorso.
In particolare, la Corte d’appello ha ritenuto, da un lato, indimostrato il peggioramento delle condizioni economiche del S., rispetto al 2002, allorchè era stato determinato l’assegno divorzile, essendosi lo stesso limitato ad allegare, senza documentare, di avere consumato tutto il proprio patrimonio mobiliare, e, dall’altro lato, dimostrato che le condizioni di salute dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno erano peggiorate (stante l’invalidità ormai giunta al 100%), in difetto di prova di un miglioramento delle sue condizioni economiche e di istanze istruttorie (anche di ordine di esibizione) avanzate dal S..
Avverso il suddetto decreto, S.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di H.K., in persona dell’amministratrice di sostegno Avv.to N.C., (che resiste con controricorso).
Con ordinanza interlocutoria n. 15729/2018 del 14/06/2018 della Sesta Sezione civ. di questa Corte, il ricorso è stato rimesso alla Pubblica Udienza in Sezione semplice, presentando esso un possibile rilievo nomofilattico. Il ricorrente ha depositato memoria.
LA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità del decreto della Corte d’appello (e del decreto del Tribunale), rilevando che la H., sebbene sottoposta ad amministrazione di sostegno, era dotata di piena capacità processuale di stare in giudizio, essendovi necessità dell’autorizzazione del giudice tutelare solo per promuovere giudizi (nella specie tale autorizzazione era intervenuta, sia in primo grado che nella fase di reclamo, avendo la H. partecipato al giudizio in persona dell’amministratore di sostegno, avv.to N., che aveva anche svolto le sue difese). Tuttavia era mancata una valida instaurazione del rapporto processuale, essendosi la H. costituita in giudizio in persona del suo amministratore di sostegno, avv.to N., cui non era stata conferita alcuna procura dall’amministrata, con conseguente sottrazione del diritto personalissimo dell’amministrata di nominare un proprio difensore di fiducia.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta poi l’omissione, da parte della Corte d’appello (e del Tribunale prima) della necessaria integrazione probatoria, rilevando che egli aveva sollecitato il giudice a richiedere d’ufficio sommarie informazioni a terzi (quali l’INPS) sulla situazione pensionistica della beneficiaria dell’assegno.
3. La prima censura è infondata. In primo luogo, i vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato error in procedendo, con consequenziale onere dell’impugnante di indicare il danno concreto arrecatogli dall’invocata nullità processuale (tra le altre, Cass. n. 15676/2014), altrimenti essendo il ricorso inammissibile.
4. Nella specie, il ricorrente deduce che vi sarebbe stato un difetto di legittimazione processuale, riguardante la posizione della resistente-reclamata, ma non spiega quale sia il pregiudizio derivato dall’asserito vizio: quanto all’ex coniuge, soggetta ad amministrazione di sostegno, la stessa ha conseguito il mantenimento dell’assegno divorzile; quanto al ricorrente, non si comprende per quale ragione una dichiarazione di nullità della costituzione della H. avrebbe inciso favorevolmente sull’esito del giudizio di revisione delle condizioni di divorzio, cui i giudici di merito sono pervenuti in considerazione della mancata prova da parte del S. di un sopravvenuto mutamento delle condizioni di fatto che avevano determinato l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno divorzile.
5. In ogni caso, l’amministratore di sostegno ha partecipato al giudizio di primo e secondo grado, in rappresentanza dell’amministrata, giusta specifica autorizzazione del giudice tutelare, avendo l’Avv.to N. richiesto di essere autorizzato a costituirsi nel giudizio di revisione dell’assegno divorzile, per suo nome, conto ed interesse, e quindi a svolgere altresì la funzione di difensore (rinunciando alla richiesta di compenso).
6. Il vizio dedotto di legittimazione processuale non sussiste. Il procedimento disciplinato dagli artt. 404 c.c. e ss. è un procedimento in cui si tratta della capacità di agire della persona, sia pure non in maniera assoluta e generale come nel giudizio d’interdizione. Con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, il giudice tutelare decide, infatti, se vi siano atti, e quali essi siano, che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario (art. 405 c.c., comma 4, n. 3), attribuendo all’amministratore il potere rappresentativo degli interessi del beneficiario, in quanto persona che non è capace di gestirli autonomamente. Trattasi di un istituto duttile, che va calibrato sull’interesse dell’assistito. La rappresentanza sostanziale conferita all’amministratore di sostegno assume rilievo nel processo, nel senso che l’amministratore di sostegno ha anche, in virtù del disposto dell’art. 75 c.p.c., comma 2, il potere processuale, funzionale alla tutela delle situazioni sostanziali per le quali gli è stato conferito il potere rappresentativo. In relazione agli atti che l’amministratore di sostegno è autorizzato a compiere in nome e per conto del beneficiario, quest’ultimo non può stare in giudizio se non rappresentato dall’amministratore. Nel caso in cui l’incarico di amministratore di sostegno sia stato conferito ad un avvocato, questi potrà essere autorizzato a stare in giudizio personalmente ai sensi dell’art. 86 c.p.c..
7. Peraltro, nella specie, non si verteva in ambito di diritti personalissimi, essendo oggetto del contendere la revisione delle condizioni economiche della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Ai sensi dell’art. 411 c.c., all’amministratore di sostegno si applicano, in quanto compatibile, la disposizione di cui all’art. 374 c.c., n. 5, che prevede che il tutore non possa, senza autorizzazione del giudice tutelare, promuovere giudizi. Tale previsione è, con orientamento consolidato, intesa come non operante nelle ipotesi di difesa passiva all’altrui iniziativa giudiziaria, in vista della conservazione dell’interesse del rappresentato (Cass. 1417/1975; Cass. 1707/1981; Cass. 722/1989; Cass. 7068/2009; Cass. 19499/2015).
8. Nella specie, l’amministratore di sostegno (che, nel presente giudizio di legittimità, si è costituito con il ministero di altro difensore cui ha conferito procura, in calce al controricorso, nella qualità di amministratore di sostegno) si è comunque fatto rilasciare, prima di costituirsi in giudizio, per resistere all’altrui pretesa, l’autorizzazione dal giudice tutelare (così era concepita l’istanza: “il sottoscritto Avv.to N.C., amministratore di sostegno della signora…, chiede di essere autorizzata nell’interesse dell’amministrata a costituirsi, a suo nome, conto ed interesse, e quindi ad essere nominata difensore dell’amministrata nel sopraindicato procedimento di modifica delle condizioni di divorzio rubricato al N. ro Rg…. avanti al Tribunale di Milano, depositando la comparsa di costituzione e risposta con relativi documenti ed ogni altro atto difensivo. L’avv.to N.C. rinuncia a richiedere all’amministrata il pagamento delle spese legali per la difesa della stessa nel suddetto procedimento di modifica delle condizioni di divorzio”; seguiva l’autorizzazione del giudice tutelare del seguente tenore: “autorizza parte richiedente a compiere le operazioni indicate in ricorso, da intendersi qui integralmente trascritte, sotto la sua personale responsabilità, con rispetto delle condizioni indicate in ricorso in punto di pagamento delle spese legali (cfr. pag. 2)”).
9. La seconda censura è inammissibile. Si denuncia, invero, una violazione di legge per avere omesso la Corte territoriale di assumere informazioni da organismi terzi, come I’Inps, circa la situazione pensionistica della controparte.
10. Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una implicita e generica richiesta di rivisitazione del giudizio di fatto compiuto dai giudici di merito, i quali hanno ritenuto che il quadro probatorio dimostrava che le condizioni economiche dell’ex coniuge beneficiario non erano migliorate, alla luce di quanto dichiarato dall’amministratore di sostegno (in particolare, in merito al fatto che l’amministrata, oltre all’assegno divorzile, percepiva solo un’indennità di accompagnamento di Euro 490,00 mensili); nè il ricorrente deduce che ciò non corrispondesse al vero.
11. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.